BILANCIO CONSUNTIVO 2012 E PREVENTIVO 2013


RELAZIONE MORALE DEL PRESIDENTE


Care Colleghe e Cari Colleghi,
anche a nome dei Signori Consiglieri Vi ringrazio per essere intervenuti numerosi a questo appuntamento annuale, che rappresenta il momento più importante del percorso istituzionale, perché attraverso la relazione morale e la successiva presentazione del bilancio consuntivo e del bilancio preventivo il C.O.A. sottopone all’approvazione degli Iscritti il lavoro svolto ed il programma del nuovo esercizio.
Saluto e ringrazio i Presidenti emeriti, il Presidente dell’O.G.I.M. avv. Domenico Insanguine, il Delegato Cassa Forense avv. Riccardo Marchio, il Delegato O.U.A. avv. Domenico Monterisi, il Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, avv. Antonio Giorgino, il Direttore della Scuola Forense, avv. Rino Mazzilli, i Presidenti delle associazioni forensi.
Consentitemi di porgere un saluto affettuoso ed un ringraziamento particolare all’avv. Tullio Bertolino per il lavoro svolto alla Presidenza della Camera Penale. A lui va dato il merito di avere condiviso tutte le iniziative intraprese dall’Avvocatura, a livello nazionale e locale, a tutela della dignità costituzionale della professione forense, senza i distinguo a volte incomprensibili opposti dalla Giunta nazionale su questioni di carattere generale, poiché l’unità dell’avvocatura dovrebbe costituire l’obiettivo principale di tutte le articolazioni della vastissima comunità forense, e sono certo che anche il prossimo presidente della Camera Penale tranese condividerà il percorso tracciato da Tullio Bertolino con i componenti della Giunta.


La decisione di differire al corrente mese di marzo l’assemblea annuale è stata determinata dai numerosi avvenimenti succedutisi nell’anno 2012 e nei primi mesi del nuovo anno, che hanno profondamente modificato il futuro della professione e che in questa relazione potrò segnalare soltanto sinteticamente.
Dopo quattro anni di intenso dibattito culminato nel XXXI Congresso Forense di Bari, dove le varie anime dell’avvocatura si sono confrontate liberamente, e che al termine della discussione, non sempre pacata, ha visto prevalere a larga maggioranza la mozione favorevole alla rapida approvazione della riforma forense, il Senato della Repubblica ha approvato il 21 dicembre 2012 il disegno di legge del nuovo ordinamento forense, che è stato promulgato il 31 dicembre 2012 ed è entrato in vigore il 2 febbraio 2013.
Ho iniziato a scrivere questa relazione il primo giorno delle elezioni politiche quasi per esorcizzare la paura per un futuro incerto, soprattutto per i giovani avvocati che hanno deciso coraggiosamente di intraprendere la nostra nobilissima professione, che per esercitarla bisogna veramente amarla e difenderla con gli unici strumenti a disposizione: la dignità, il decoro, la libertà, l’autonomia e l’indipendenza.


A partire dal 2006 l’avvocatura si è trovata senza soluzione di continuità sotto il fuoco incrociato di Governi, che attraverso provvedimenti apparentementi ispirati a riformare la Giustizia ed alla crescita economica del Paese, hanno portato miseria nelle professioni liberali e provocato la più grave depressione economica che la storia moderna ricordi.
Le professioni e l’avvocatura in particolare sono state demonizzate ed additate come responsabili della crisi economica e della impossibilità di riformare la giustizia.
La crisi economica viene strumentalizzata da alcuni Governi come pretesto per liberalizzare la professione forense. Ma gli avvocati sono attori di giustizia e non di mercato. Non sono certo gli avvocati europei i responsabili della crisi economica. Dunque non vi è alcuna correlazione tra la liberalizzazione della professione e il rilancio dell’economia europea”. Ho voluto riportare la dichiarazione del Presidente della Ccbe, avv. Marcella Prunbauer-Glaser, per manifestare la vicinanza a tutti gli Avvocati europei, che come nel nostro Paese lottano quotidianamente per sopravvivere e salvaguardare l’unica professione che garantisce le libertà fondamentali.
L’elevato numero degli avvocati non è la causa della crisi della giustizia. La verità è che manca la volontà di riformare in modo organico la giustizia, il cui stato comatoso era stato denunciato già nel 1975 dall’allora Sottosegretario del Ministero di Grazia e Giustizia, On. Renato Dell’Andro, il quale rispondendo all’interrogazione del Senatore De Sanctis, che denunciava la situazione di gravissimo disagio e pregiudizio per tutti i cittadini, nonché lo stato di allarme, di preoccupazione e di agitazione della classe forense, riferiva che “Per superare la crisi della giustizia, dovuta, com’è noto, a molteplici ragioni anche di ordine politico, il Ministero della giustizia ha ripetutamente indicato e proposto un programma articolato in due fasi distinte e successive: una prima di emergenza, la seconda di più ampia portata per la ricerca e l’attuazione di soluzioni organiche definitive”.
Dopo tre decenni la fase emergenziale non è stata superata.
L’opera demolitrice delle professioni liberali in Italia è iniziata nel 2006 con il famigerato decreto Bersani, che attraverso l’abolizione delle tariffe minime avrebbe dovuto aiutare i consumatori, mentre ha aiutato solo i poteri forti; è proseguita con il Ministro della Giustizia avv. Alfano nel 2008 (con gli aumenti del contributo unificato e la sua estensione alle cause di separazione e di lavoro, l’introduzione della mediaconciliazione, la dissennata revisione della geografia giudiziaria, ecc); ed è stata completata dal Ministro della giustizia avv. Severino, sotto l’egida del prof. Monti e del prof. Catricalà, che negli anni precedenti all’assunzione degli incarichi governativi avevano manifestato in ogni modo di non simpatizzare per l’avvocatura. Gli interventi di Catricalà, quando era presidente dell’AGCM, si caratterizzarono per un incomprensibile accanimento nei confronti delle professioni liberali e della professione forense in particolare, spesso intervenendo nei lavori parlamentari e dimostrando i limiti di un’Autorità indipendente solo sulla carta, ma nei fatti solidale con i centri economici, con alcune parti politiche e con una parte degli organi di comunicazione. Il nuovo presidente dell’AGCM ha proseguito l’opera del suo predecessore; sono certo di non stupirVi ricordando che il Pres. Pitruzzella è un avvocato !
Condivido il giudizio di un Collega editorialista, che esaminando l’operato dei ministri avvocati, si è espresso testualmente: “E’ una forma di masochismo istituzionale che porta chi ricopre una carica a scagliarsi contro la categoria cui appartiene”.
Tra le perle del Ministro Severino, ricordo la definitiva abrogazione delle tariffe professionali e l’introduzione dei parametri; il preventivo obbligatorio ( con i clienti che in possesso del preventivo girano gli studi legali della città per trovare l’avvocato che pur di accaparrarsi il cliente chiede il compenso più basso); l’introduzione del contributo unificato per le domande riconvezionali o la chiamata in causa; il filtro in appello; l’attuazione della revisione della geografia giudiziaria; le nuove piante organiche (che, a quanto pare, sarebbero state temporaneamente sospese); l’introduzione dei soci di capitale negli studi professionali; l’estensione della conciliazione obbligatoria per tutte le materie previste dal D.Lgs 28/2010 malgrado la pendenza del giudizio costituzionale, e così via.
In uno scenario così confuso il più grande errore che l’Avvocatura potrebbe commettere è di non cogliere le opportunità offerte dalla nuova legge professionale forense, e pensasse di adattarla alla situazione attuale dell’avvocatura, perdendo di vista il futuro delle nuove generazioni e la possibilità di realizzare un modello professionale innovativo, efficiente e solidale.
Purtroppo le prime derive demagogiche sono state percepite non appena è stato necessario interpretare alcune norme importanti in tema di incompatibilità (art. 18) ed obbligo di iscrizione alla Cassa Forense (art. 21). I soggetti ideologicamente contrari alla riforma e coloro che cavalcano il diffuso disagio sociale per conseguire risultati spesso soltanto elettorali hanno fatto già sentire la loro voce.
I principali nemici dell’avvocatura sono gli stessi avvocati: il teatrino dell’esame di abilitazione e la sistematica omissione del controllo degli albi sono le testimonianze più evidenti della incapacità dell’avvocatura di abbandonare la logica del consenso elettorale, invece di realizzare un modello di avvocato efficiente, preparato, indipendente, ed eticamente ineccepibile.
La piena attuazione della legge dovrà aspettare ancora due anni, perché sono poche le disposizioni entrate immediatamente in vigore. Non potendo esaminare nel dettaglio il nuovo Statuto, mi limiterò a ricordare il riconoscimento della rilevanza sociale e giuridica della funzione difensiva con la enunciazione delle garanzie di indipendenza e autonomia degli avvocati; la consulenza stragiudiziale riservata in via di massima agli avvocati con l’eccezione dei giuristi d’impresa e delle associazioni nei confronti esclusivamente dei propri iscritti; il divieto all’ingresso dei soci di capitale all’interno degli studi legali; la durata del tirocinio confermata in 18 mesi, che diventa compatibile con un’attività di lavoro subordinato sia pubblico sia privato, purchè gli orari lo consentano e non ci sia motivo di sospettare un conflitto di interessi. Ancora, ricordo che il tirocinio potrà essere svolto anche presso due avvocati contemporaneamente ed al praticante sarà dovuto un adeguato compenso commisurato all’apporto dato per l’attività effettivamente svolta”. E’ stata sancita la natura personale dell’incarico e della responsabilità anche nel caso di sostituzione o di associazione professionale. E’ stato riscritto il regime delle incompatibilità, e l’avvocato che non eserciterà in modo continuativo e prevalente la professione verrà cancellato dall’albo. E’ stato istituito un elenco speciale per gli avvocati degli uffici legali degli enti pubblici. Il procedimento disciplinare rimarrà all’interno dell’avvocatura, ma con la istituzione dei Consigli distrettuali di disciplina si è tentato di recidere i maggiori legami della giustizia domestica con il territorio, perché l’incolpato verrà giudicato da giudici/avvocati non appartenenti al suo Ordine. Ricordo ancora l’obbligo di aggiornamento professionale, le specializzazioni, la possibilità di farsi sostituire da un altro avvocato con incarico anche verbale, la polizza assicurativa, le associazioni multidisciplinari, i parametri, la libera pattuizione dei compensi, lo sportello del cittadino, e tanto altro ancora.
Insomma un grande cantiere che resterà aperto per almeno due anni, entro il quale il Governo, il Ministro della giustizia e il CNF saranno chiamati ad adottare, rispettivamente, decreti legislativi, decreti ministeriali e regolamenti che daranno piena attuazione alla riforma forense.


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I provvedimenti adottati in tema di revisione della geografia giudiziaria hanno alimentato un intenso dibattito, perché sono destinati a modificare in modo radicale la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, quindi anche le abitudini degli avvocati.
Con legge 14/9/2011 n. 148 è stato convertito in legge, con modificazioni, il D.L. 13/8/2011 n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, ed è stata conferita la “delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari”. In attuazione della delega sono stati promulgati il d.lgs. 7/9/2012 n. 155, recante la “Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n.148”, ed il d.lgs. 7/9/2012 n. 156 recante la “Revisione delle circoscrizioni giudiziarie –Uffici dei giudici di pace, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n.148”.
L’art. 1 comma 2 della legge n.148/2011 è stato impugnato davanti all Corte Costituzionale per plurimi motivi, compreso l’eccesso di delega; il ricorso verrà discusso nell’udienza pubblica dell’8 ottobre 2013.
In base ai decreti delegati, nel nostro circondario sono stati soppressi tutti gli uffici del giudice di pace (D.Lgs. n. 156/2012 art. 1) e le sezioni distaccate del tribunale (D.Lgs. n. 155/2012 art. 2), le cui competenze sono state attribuite ai corrispondenti uffici del giudice di pace e del Tribunale di Trani.
L’art. 8 del D.Lgs. 155/2012 prevede che in caso di particolari specificità e per ragioni organizzative e funzionali, il Ministro della giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del tribunale, per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di entrata in vigore del suindicato decreto (13/9/2013), gli immobili di proprietà dello Stato, ovvero di proprietà comunale interessati da interventi edilizi finanziati ai sensi dell’art. 19 della legge 30/3/1981 n. 119, adibiti a servizio degli uffici giudiziari e delle sezioni distaccate soppressi.
Il nostro C.O.A. ha sostenuto immediatamente l’O.U.A. nelle iniziative, politiche e giudiziarie, volte ad una revisione della geografia giudiziaria ispirata ai parametri dell’efficienza e della prossimità al territorio ed alla popolazione che vi abita; ha promosso due incontri presso la sede della Biblioteca storica con i Sindaci dei Comuni della circoscrizione giudiziaria tranese e con i Presidenti della Provincia di Bari e BAT, che hanno visto la partecipazione dei massimi rappresentati degli Enti in questione; ha organizzato assemblee, incontri con la stampa e con le televisioni; ha sensibilizzato le Dirigenze degli uffici giudiziari; ed è intervenuto in modo propositivo nella discussione interna alla commissione di manutenzione.
Il C.O.A., da ultimo, con la deliberazione approvata nell’assemblea straordinaria del 24/1/2013, che può essere letta integralmente sul sito istituzionale, ha sollecitato il Presidente del tribunale a richiedere al Ministro della giustizia, sentiti i soggetti istituzionali indicati nel comma 2 dell’art. 8 del D.Lgs. n. 155/2012 (presidente del tribunale,consiglio giudiziario, consiglio dell’ordine degli avvocati, amministrazioni locali interessate) la utilizzazioni degli immobili che ospitano tutte le Sezioni distaccata di Andria, Barletta, Canosa di Puglia, Molfetta e Ruvo di Puglia, per il periodo massimo di cinque anni, onde consentire all’ufficio giudiziario accorpante di realizzare gli interventi occorrenti all’adeguamento degli edifici esistenti ed alla predisposizione di nuove idonee strutture, in particolare la realizzazione della cittadella giudiziaria.
A tale proposito, comunico che la commissione di manutenzione ha già esaminato in almeno due adunanze un interessante progetto relativo alla costruzione di un grande complesso edilizio, che è stato redatto da una impresa privata proprietaria delle aree note a Trani come ex distilleria, peraltro destinate dal piano urbanistico ad edilizia giudiziaria. Poi è caduto il silenzio sul progetto, come spesso accade in questa Città, e probabilmente se ne tornerà a parlare quando si inizierà a discutere di altri progetti, sì da paralizzare il vecchio ed il nuovo. Insomma, l’importante è non modificare lo stato dell’edilizia giudiziaria !
Il C.O.A. ha ripetutamente denunciato il degrado degli immobili tranesi che ospitano gli uffici giudiziari e la non corretta utilizzazione dei fondi destinati alla loro manutenzione; basterebbe soffermarsi sulle condizioni esterne (prima ancora di quelle interne) di Palazzo Gadaleta o di Palazzo Candido, con infissi cadenti laddove non ancora rimossi, intonaci caduti, ecc. Da anni ripetiamo che l’obiettivo principale dell’Amministrazione locale dovrebbe essere di concentrare i finanziamenti pubblici nel completamento di Palazzo Carcano, che fu acquistato per ospitare il Tribunale civile, la cui ricostruzione è già costata oltre quattro milioni di euro, non tutti in verità utilizzati in modo razionale. Il C.O.A. non ha condiviso, né approverà nelle sedi istituzionali la dispersione di importanti risorse finanziarie per l’allestimento temporaneo di uffici comunali scarsamente agibili e non dignitosi per l’amministrazione della giustizia, né collaborerà all’allestimento di immobili privati per uso giudiziario.
Il Comune di Trani potrebbe destinare il prestigioso Palazzo Beltrani ad uffici giudiziari, in modo da avviare con il completamento di Palazzo Carcano e la ristrutturazione di Palazzo Gadaleta e Palazzo Candido, la realizzazione della cittadella giudiziaria senza l’intervento della finanza privata.
L’attuale destinazione di Palazzo Beltrani a pinacoteca, a quanto pare poco frequentata, sarebbe compatibile con gli uffici giudiziari, perché i quadri d’autore potrebbero restare esposti migliorando il prestigio dell’edificio, senza alcun pericolo per la loro integrità, grazie alla vigilanza già presente in tutti i palazzi che ospitano uffici giudiziari. La metropolitana di Napoli recentemente inaugurata è arredata con quadri d’autore; molti Palazzi di Giustizia delle più importanti città d’arte espongono quadri di pregio: perché la Città di Trani non potrebbe valorizzare il suo patrimonio artistico ed immobiliare attraverso gli uffici giudiziari che giornalmente sono frequentati da centinaia di avvocati, la maggior parte forestieri, sì da pubblicizzare il patrimonio cittadino ed incrementare il turismo ?
In data 16 febbraio 2013 è pervenuta alla presidenza del Tribunale una lettera del ministero della giustizia, inoltrata il 18/2/2013 al C.O.A. per l’acquisizione del parere, avente come oggetto la domanda di proroga formulata dal Tribunale di Trani, con nota n. 1878 del 20/11/2012, per l’utilizzazione degli immobili che ospitano le sezioni distaccate di Andria, Canosa, Molfetta e Ruvo, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 155/2012.
La sede di Barletta è stata esclusa dalla domanda di proroga, perché il complesso immobiliare che ospita la sezione distaccata non sarebbe stato interessato da interventi edilizi finanziati dalla Cassa Depositi e Prestiti ed ammortizzati con oneri a carico del bilancio dello Stato. Il C.O.A. è impegnato in un costante monitoraggio dell’edilizia giudiziaria, ed è intervenuto direttamente presso il Comune di Barletta per acquisire la documentazione comprovante l’esecuzione di interventi di edilizia giudiziaria finanziati dalla Cassa Depositi e Prestiti con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, onde garantire anche alla Sezione distaccata di Barletta di usufruire della proroga quinquennale.
Il circondario di Trani è l’esempio concreto della irrazionalità della legge di riordino della geografia giudiziaria, che se portata a compimento priverebbe città molto popolose degli uffici giudiziari, rendendo sempre più difficile per il cittadino l’accesso alla giustizia.
La triste realtà è che la giustizia è amministrata da dirigenti che con irritante arroganza ignorano assolutamente le realtà locali, i pareri del consiglio giudiziario, delle dirigenze del tribunale, del consiglio dell’ordine degli avvocati e delle amministrazioni interessate, nonché le sollecitazioni della cittadinanza attiva. Per rendersi conto della indifferenza degli uffici governativi nei confronti dei segnali provenienti dal territorio, è sufficiente leggere uno stralcio del condivisibile parere espresso dal Consiglio Giudiziario il 16/7/2012: “Infine non vanno dimenticate anche le forti criticità, che dalla soppressione delle sezioni distaccate deriverebbero ai popolossimi centri di Andria, Barletta, Molfetta e Canosa di Puglia che sono ubicati nel Circondario di Trani; in particolare la soppressione delle Sezioni Distaccate esistenti in dette Città riverserebbe sulle già precarie, frammentate, inadeguate e insufficienti strutture giudiziarie di Trani un elevatissimo contenzioso e una corposa quantità di magistrati (togati e onorari) e di personale amministrativo e UNEP……. Tutte le strutture logistiche, in cui sono attualmente sistemati i magistrati e il personale amministrativo in servizio presso le sedi centrali dei Tribunali di Bari, Foggia, Trani e Lucera, non hanno assolutamente spazi sufficienti per ospitare anche i fascicoli, i magistrati togati onorari e il personale di cancelleria e UNEP provenienti dalle Sezioni Distaccate, di cui allo schema di d. lgs del C.d.M. del 6 luglio 2012 si propone la soppressione. Inoltre gli Uffici giudiziari attualmente esistenti a Bari e Trani non dispongono di adeguate aree destinate al parcheggio delle autovetture, che giudici, personale amministrativo, avvocati, parti processuali, testimoni, periti e consulenti utilizzano per raggiungerli”.
Le criticità segnalate dal Consiglio giudiziario – e consta direttamente che quasi tutti i Consigli giudiziari abbiano segnalato criticità più o meno analoghe- avrebbe indotto qualsiasi persona sensata ad una pausa di riflessione per non compromettere definitivamente il diritto dei cittadini di accedere alla giustizia.
Per concludere sull’argomento della geografia giudiziaria, il C.O.A. vigilerà sulla corretta attuazione delle leggi delegate, anche assumendo le iniziative giudiziarie necessarie per scongiurare la soppressione delle sezioni distaccate.
Tuttavia devo segnalare che, fino ad oggi, la revisione della geografia giudiziaria è stata vissuta come un problema “degli altri”, che non ha mai coinvolto emotivamente l’intera comunità (avvocati, magistrati, amministrazioni locali, ordini professionali, organizzazioni sindacali, ecc.).
Sussulti più o meno significativi sono stati avvertiti soltanto quando le varie Sezioni sono state interessate da notizie, quasi sempre infondate, di immediata chiusura o di accorpamento ad altre circoscrizioni.
La rassegnazione e la miopia convivono tranquillamente nella comunità, che avrebbe dovuto quantomeno imitare ciò che hanno fatto le comunità vicine per salvare gli uffici giudiziari. Per esempio, è incomprensibile il silenzio degli avvocati e dei professionisti tranesi in genere, i quali dovrebbero sostenere le iniziative del C.O.A., e come cittadini qualificati ispirare la programmazione della politica sul tema dell’edilizia giudiziaria, sostenendo e sollecitando l’Amministrazione a conservare le millenarie tradizioni giudiziarie attraverso la realizzazione di una cittadella giudiziaria che riesca a coniugare la storia con l’esigenza di amministrare la giurisdizione in edifici esteticamente compatibili, efficienti ed energeticamente avanzati.
I festeggiamenti per il 950mo anniversario degli Statuti Marittimi potrebbero costituire l’occasione per avviare un dibattito allargato sull’edilizia giudiziaria, con il coinvolgimento di tutte le forze politiche e delle migliori risorse intellettuali per scongiurare il pericolo, sempre dietro l’angolo, che dopo la soppressione delle sezioni distaccate, la drastica riduzione della pianta organica dei magistrati, e la probabile soppressione della Provincia, la comunità tranese assista ad un nuovo scippo del tribunale a vantaggio di comunità confinanti, questa volta senza aver neppure tentato di resistere.


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Il 2012 verrà tristemente ricordato dagli avvocati anche per la definitiva abrogazione delle tariffe forensi con l’entrata in vigore dell’art. 9 del D.L. 24/1/2012 n. 1, convertito con modificazioni in L. 24/3/2012 n. 27.
Occorre rammentare che il sistema tariffario era stato già scardinato con il d.l. 4/7/2006, convertito in legge 4/8/2006 n. 248 (Decreto Bersani), per cui appare del tutto oscuro comprendere come l’abolizione delle tariffe da tempo non più cogenti potesse in qualsiasi modo influenzare la crescita economica del Paese ed incrementare la concorrenza.
Qualora gli oppositori del sistema tariffario avessero eseguito un’analisi approfondita degli effetti prodotti dall’abrogazione dell’obbligatorietà delle tariffe minime per i consumatori e per le piccole e medie imprese, avrebbero accertato che gli unici a conseguire vantaggi concreti erano state le banche, le grandi imprese, i clienti importanti, in danno dei professionisti.
La nuova formulazione dell’art. 9 contenuta nella legge di conversione n. 27/2012 ha eliminato la nullità della clausola con la quale si fa riferimento ai parametri per la determinazione del compenso nei contratti tra avvocato e cliente, consentendo la piena utilizzabilità dei parametri sia ai fini della determinazione del compenso con il cliente, sia come valore di riferimento nei limiti dell’obbligo di specificazione contrattuale delle singole voci di costo dovute per le prestazioni. In attuazione del citato art. 9, il Ministero della giustizia ha approvato il D.M. n. 140 in data 20/7/2012, contenente il regolamento sulla determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministro della giustizia. In sintesi, l’organo giurisdizionale che deve liquidare il compenso dei professionisti applica, in difetto di accordo tra le parti in ordine allo stesso compenso, le disposizioni del D.M. 140/2012. Ciò dovrebbe significare che le disposizioni del DM 140/2012 non possono entrare in conflitto con il contenuto di precedenti accordi scritti tra il professionista ed il cliente, ma unicamente svolgere una funzione di supplenza od integrazione. Non è superfluo rammentare che l’art. 41 del citato decreto prevede che “le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazione successive alla sua entrata in vigore”.
Le prime applicazioni nel nostro circondario della nuova normativa sono state particolarmente penalizzanti, perché i giudici hanno ritenuto applicabile il D.M. 140/2012 indistintamente a tutte le liquidazioni successive al 23/7/2012, comprese quelle relative a prestazioni esaurite prima di tale data.
Il C.O.A. è intervenuto tempestivamente, una prima volta, subito dopo il D.L. n. 1/2012 chiedendo al Presidente del Tribunale di parametrare i compensi in base alle vecchie tariffe fino alla emanazione del regolamento (entro i successivi 120 giorni), ed una seconda volta, dopo l’approvazione del D.M. 140/2012, allorquando ha formulato 4 proposte utili per la redazione di un protocollo recante Linee Guida per l’applicazione uniforme nel Circondario del Tribunale di Trani dei parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi professionali dettati dal D.M. 140/2012.
La proposta di considerare la data del 23/7/2012 come linea di demarcazione per l’utilizzazione delle vecchie tariffe nella liquidazione dei compensi relativi a prestazioni esaurite prima di quella data, ha trovato conferma nella giurisprudenza del Supremo Collegio (Sezioni Unite, sentenza n. 17405 e 17406 del 12/10/2012).
Occorre rammentare che il C.O.A. di Trani ha aderito all’iniziativa del Consiglio Nazionale Forense, che ha formalizzato le impugnazioni avverso la riforma degli ordinamenti professionali di cui al D.M. 137/2012 (-ormai superata dalla legge 247/2012-) ed il regolamento recante la determinazione dei parametri di cui al D.M. 140/2012.
Prima che la relazione andrà in stampa dovrebbe essere pubblicato il decreto del Ministro della giustizia, correttivo del D.M. 140/2012, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, che migliorerà sensibilmente i compensi, perché reintroduce le “spese forfetarie” in una percentuale compresa tra il 10 e il 20 per cento del corrispettivo; prevede un compenso forfetizzato per l’attività stragiudiziale quantificato orientativamente in una percentuale calcolata tra il 5 e il 20 per cento del valore dell’affare; prevede un aumento fino al triplo del compenso spettante all’avvocato che difende più persone con la medesima posizione processuale; sopprime la possibile riduzione a metà del compenso spettante all’avvocato che presta assistenza ai soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato nonché a soggetti a questi equiparati dal DPR n. 115/2002 nel procedimento penale; introduce l’istituto della “soccombenza qualificata” che comporta un significativo aumento del compenso liquidato a carico della parte soccombente quando le difese della parte vittoriosa siano risultate manifestamente fondate; introduce due nuovi scaglioni, uno da € 1.500.001 a € 5.000.000, l’altro oltre € 5.000.000; prevede un incremento oscillante tra il 30% ed il 50% dei valori parametrici previsti per il procedimento di ingiunzione e per il precetto; per l’attività giudiziale penale introduce una fase autonoma per le indagini investigative; sopprime la possibilità di riduzione alla metà del compenso dell’avvocato che assiste d’ufficio un minorenne.
La legge 247/2012 ha delegato al Consiglio Nazionale Forense la regolamentazione dei nuovi parametri da sottoporre all’approvazione del Ministro della giustizia, nonché ha reintrodotto il divieto del patto di quota lite ed il rimborso delle spese generali, ha eliminato la obbligatorietà del preventivo scritto ed ha autorizzato la prestazione gratuita.
I parametri, purtroppo, hanno accentuato la contrapposizione del giudice all’avvocato, come se questi fosse un nemico da impoverire, piuttosto che un soggetto coessenziale alla giurisdizione. La maggioranza della Magistratura dimostra di non capire e di non rispettare il lavoro dell’Avvocato.
Le liquidazioni giudiziali sono mortificanti più di prima, al limite della tollerabilità, ed appare sinceramente disarmante la regolarità con la quale vengono liquidati compensi al di sotto della soglia di dignità professionale.
Nel calcolo del compenso professionale il decoro della categoria alla quale si appartiene è un elemento imprescindibile, anche perché l’art. 2233 c.c. è tutt’oggi un punto di riferimento laddove prevede che la misura dell’onorario, ancorchè rimesso alla libera contrattazione delle parti, deve essere adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione. La giurisprudenza comunitaria valorizza le componenti di dignità e decoro del professionista nella determinazione del compenso. Anche il D.M. 140/2012 dispone che “nella liquidazione il giudice deve tenere conto del valore e della natura e complessità della controversia, del numero e dell’importanza e complessità delle questioni trattate…. del pregio dell’opera prestata, dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali conseguiti dal cliente”, che costituiscono requisiti imprescindibili per la valutazione della qualità e quantità della prestazione effettuata.
La comunità forense non dovrà mostrare segni di debolezza, ed ogni qualvolta il regolamento delle spese processuali offenderà la dignità ed il decoro della nostra professione, la sentenza dovrà essere impugnata.


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Il 24 ottobre 2012 la Corte Costituzionale (sentenza n. 272/12) dichiarava la illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 per violazione degli artt. 76 e 77 Cost.
Dal giorno della pubblicazione della sentenza n. 272/2012 la conciliazione è diventata facoltativa, così sgretolando le fondamenta di un istituto avversato dall’inizio dall’avvocatura, che aveva in tutti i modi tentato di spiegare che la obbligatorietà rappresentava un pregiudizio per il diritto di difesa, poiché deve essere lasciato alle parti il diritto di scegliere se adire o meno il giudice.
Il “fenomeno” si è praticamente dissolto in poche settimane, ma il nuovo Governo (- sperando che il Parlamento nel frattempo recuperi in pieno le funzioni legislative di fatto delegate al Governo- ) dovrà prendere atto che l’istituto della media conciliazione aveva creato una bolla speculativa con quasi mille organismi di conciliazione ed un business elevatissimo per i corsi di formazione e di aggiornamento degli oltre 50.000 mediatori.
Il nuovo Governo dovrà soprattutto prendere atto del fallimento dell’istituto, dal momento che delle circa 60.000 mediazioni concluse nel 2012 (-quindi un numero lontanissimo da quello pubblicizzato dai sostenitori dell’istituto-), neppure il 20% ha risolto la vertenza.
I dati statistici dell’O.M.T. [1] relativi al periodo gennaio/dicembre 2012, confermano il fallimento dell’istituto.
1) domande di mediazione depositate n. 522 ( 216 nel 2011)
2) accordi raggiunti n. 19 (9 nel 2011)
3) procedimenti definiti per mancata adesione n. 468 su 522
4) procedimenti definiti per mancato raggiungimento dell’accordo n. 35
5) pendenti al 31/12/2012 n. 35.
I mediatori iscritti nell’elenco dell’O.M.T. ed accreditati presso il Ministero sono 111.
L’Organismo continuerà ad operare per le mediazioni facoltative, diventerà la sede della Camera Arbitrale, e risulterà di grande utilità se dovesse trovare attuazione la negoziazione assistita, istituto che l’avvocatura sostiene quale strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie.


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La relazione presentata dal Presidente della Corte di Appello di Bari in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario ha confermato sostanzialmente le criticità dello stato della giustizia nel Distretto, assegnando un posto di rilievo al Tribunale di Trani.
Il rappresentante del Ministero, in perfetta sintonia con la relazione degli anni precedenti, ha esaltato la riduzione delle pendenze dimenticando che tra i presenti, la maggior parte in verità distratti, vi erano anche molti avvocati che vivono la quotidianità delle aule di giustizia. I risultati magnificati dal Ministero non sono ovviamente attendibili, perché: a) migliaia di cause non sono state iscritte a ruolo nel 2012 (falsando il numero delle sopravvenienze) perchè le parti dovevano esperire preventivamente la mediazione obbligatoria; b) i “filtri” processuali e le sanzioni hanno dissuaso l’impugnazione delle sentenze; c) il notevole incremento del contributo unificato ha disincentivato il ricorso alla giustizia; d) il diffuso impoverimento ha precluso l’accesso alla giustizia.
Per non parlare della sfiducia nella Giustizia e nelle Istituzioni in generale: la trattazione in televisione di processi che spesso si trovano nella fase delicatissima delle indagini preliminari è una ingiustizia gravissima per le parti processuali; le conferenze stampa dei Procuratori quasi sempre allargate a tutti i protagonisti delle indagini senza alcuna garanzia per l’indagato, la diffusione degli atti processuali, l’indiscriminato uso delle intercettazioni e le altre distorsioni del processo penale necessitano di una urgente regolamentazione e di una dettagliata disciplina sanzionatoria; gli attacchi alle Istituzioni e sempre più spesso alla Corte Costituzionale anche da parte dei soggetti che esercitano la giurisdizione minano le fondamenta dello Stato di diritto; l’impegno sempre più diffuso dei magistrati in politica alimenta perplessità sull’effettiva terzietà dei magistrati sia nei momenti precedenti al loro ingresso in politica, sia dopo la scadenza del mandato.
La separazione delle funzioni e la responsabilità civile dei magistrati sono necessarie per ridare credibilità all’Ordine giudiziario ed arginare il ruolo gestorio che parte della Magistratura requirente esercita per colmare le inerzie o le manchevolezze della pubblica amministrazione e del potere politico.
Il Prof. Gaetano Contento insegnava nelle sue lezioni che il giudice ha la responsabilità giuridica di applicare la legge, e non è investita di un potere surrogatorio nei riguardi dell’amministrazione, impersonalmente e complessivamente considerata, quasi che i poteri e le scelte dell’esecutivo, in via generale, debbano intendersi sempre sott’ordinati alla valutazione del potere giudiziario, da porre, invece, al vertice della piramide statuale.
Per riformare la giustizia basterebbe poco: processo telematico uniforme; digitalizzazione; notifiche via p.e.c. in tutti i settori della giustizia; riduzione dei riti processuali e snelli; introduzione di sistemi di risoluzione alternativa delle controversie; valutazione della diligenza dei magistrati e dei funzionari di cancelleria; assunzione di magistrati e di personale di cancelleria; riforma dell’accesso all’avvocatura.
Per quanto riguarda il nostro Circondario sono costretto a ripetere che il sistema è in crisi almeno a partire dai primi anni ’90, dopo la soppressione delle preture circondariali. Le dirigenze hanno concentrato il proprio lavoro sul presente, senza investire nella programmazione e nella ottimizzazione delle risorse, senza vigilare sulla produttività dei magistrati e sulla corretta distribuzione degli affari tra la sede centrale e le sezioni distaccate.
Lo stato delle cancellerie del settore civile è al collasso, e se non fosse per l’impegno straordinario dei pochi dipendenti rimasti in servizio, l’attività amministrativa si sarebbe bloccata. Il pensionamento del dipendente costituisce il momento iniziale della ricerca del sostituto, mentre in una diversa realtà aziendale la corretta organizzazione delle risorse umane avrebbe consentito di preparare l’avvicendamento già molti mesi prima del pensionamento per favorire la continuità del servizio.
Gli interventi del C.O.A. sulle questioni specifiche dell’organizzazione dell’amministrazione della giustizia sono stati numerosi, quasi quotidiani, soprattutto sui temi dell’accorpamento delle sezioni distaccate e degli uffici del giudice di pace, delle criticità esistenti in alcune articolazioni del Tribunale, delle disfunzioni delle cancellerie, oltre alle problematiche tipiche della giurisdizione non sempre all’altezza della domanda di giustizia.
Molte criticità sono state risolte, ma posso assicurare che tutte le lamentele dei Colleghi sono state riportate alle Dirigenze, anche con petulanza, senza temere di arrecare disturbo a nessuno, perché l’Avvocato non può mai sentirsi ospite nel Tribunale.
Non ho esitato a denunciare la logica del quieto vivere che purtroppo continua a caratterizzare i pareri dei dirigenti degli uffici, e che non consente ai Consigli giudiziari di esercitare con il dovuto rigore la selezione ed il controllo delle qualità etico-professionali dei magistrati.
Il Consiglio intensificherà il dialogo costruttivo avviato con le Dirigenze del Tribunale per migliorare il funzionamento della Giustizia nel Circondario, attraverso la ottimizzazione dell’impiego delle risorse, umane e finanziarie, secondo modelli più avanzati di organizzazione del lavoro fondati sull’etica del risultato e della responsabilità.


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Attività del consiglio


Annuncio con soddisfazione che la Onlus Ordine Forense di Trani in data 17/9/2012 è stata iscritta nell’anagrafe unica delle onlus al n. 2012/31819, così acquisendo piena operatività.
Ricordo che l’Associazione si propone l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale in favore di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari.
Troppe volte abbiamo assistito impotenti alla negazione di qualsiasi provvidenza a favore dei nostri Colleghi, talvolta anche in caso di grave malattia. Insomma spesso avremmo voluto aiutare i Colleghi in stato di bisogno, ma non lo abbiamo potuto fare per vincoli di bilancio.
Attraverso le donazioni e la raccolta del 5 per mille soprattutto tra gli iscritti ed i familiari, il C.O.A. spera di assicurare alla ONLUS una dotazione sufficiente a soddisfare gli obiettivi prefissati.
Nelle prossime settimane partirà una campagna pubblicitaria per la raccolta del 5 per mille, il cui risultato è rimesso alla solidarietà dei Colleghi e dei loro familiari.


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Le adunanze del Consiglio sono state 45 nel 2012, di cui 35 ordinarie e 10 disciplinari.
Per quanto riguarda i dati statistici del disciplinare nel nostro Foro:
1- gli esposti pervenuti nel 2012 sono stati 102 rispetto ai 107 pervenuti nel 2011, ai 59 nel 2010, ai 71 pervenuti nel 2009, ai 53 nel 2008, ed ai 56 nel 2007;
2- i procedimenti archiviati nel 2012 sono stati 55 ripetto ai 94 del 2011, ai 48 del 2010, ai 37 del 2009, ai 32 del 2008, ed ai 33 del 2007;
3-i procedimenti disciplinari aperti nell’anno 2012 sono stati 24, rispetto ai 24 del 2011, ai 14 del 2010, ai 20 del 2009, ai 10 del 2008, ed ai 9 del 2007;
4-i procedimenti disciplinari in carico al 31/12/2012 sono 42 (-di cui 30 sono sospesi in attesa della definizione del processo penale-), rispetto ai 48 del 2011, ai 14 del 2010, ai 19 in carico al 31/12/2009, ai 10 in carico al 31/12/2008, ed ai 37 in carico al 31/12/2007;
Nel corso del 2012 sono stati definiti n. 14 procedimenti, con i seguenti provvedimenti: n. 9 assoluzioni, n. 2 avvertimenti, n. 1 censure, n. 2 sospensioni, n. 0 cancellazioni.
L’esame dei dati statistici evidenzia che il numero degli esposti pervenuti nel 2012 è rimasto sostanzialmente invariato. Il C.O.A. ha osservato una maggiore litigiosità non più soltanto nel rapporto di clientela, ma anche tra Colleghi.
I procedimenti disciplinari pendenti portano come numero d’ordine l’anno 2012, la qualcosa significa che, a parte i procedimenti sospesi necessariamente per la pendenza del procedimento penale, non ci sono arretrati.
Per quanto riguarda l’opinamento delle parcelle, nel corrente esercizio sono pervenute n. 106 richieste e sono stati espressi n. 103 pareri (n. 169 nel 2011, n.134 del 2010, e n. 168 nel 2009), in tempi sempre assolutamente contenuti.


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Proseguendo nell’esame dell’attività del Consiglio, voglio ricordare che il Legislatore della riforma forense ha assegnato ai C.O.A. nuovi gravosi compiti istituzionali, che si aggiungono alle numerose funzioni già esercitate secondo il principio di sussidiarietà: sportello del cittadino, difese d’ufficio, patrocinio a spese dello Stato, che vede l’Ordine forense investito della faticosa ed onerosa funzione di effettuare un primo vaglio delle domande presentate, esaminando la sussistenza dei requisiti di carattere patrimoniale richiesti dalla legge per l’ammissione al beneficio, e valutando la “non manifesta infondatezza” delle questioni oggetto della domanda di giustizia da parte dei cittadini.
Consentitemi di ringraziare il Consigliere Donato De Tullio che con lo stesso zelo del suo predecessore ha evaso n. 764 delle n. 777 istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato pervenute nel 2012.
Le attività ordinarie e straordinarie svolte dal Consiglio nell’anno appena trascorso sono state numerossime, grazie anche alla proficua collaborazione dei neo consiglieri, per cui mi limiterò a rammentare le affollatissime assemblee straordinarie convocate per discutere delle liberalizzazioni, della revisione della geografia giudiziaria, dell’edilizia giudiziaria, e poi le emozianti trasferte a Roma per partecipare ai cortei ed alle assemblee di protesta sulla media conciliazione, sulla riforma forense, sulla geografia giudiziaria.
Ricordo l’affollatissimo Premio “Avv. Donato Di Paola”, che quest’anno ha visto la partecipazione entusiasmante del Pres. Nicola Buccico; è un appuntamento ormai attesissimo perché il Foro si confronta sui temi dell’ etica e del ruolo dell’avvocato nella società.
Ricordo ancora il Professional Day organizzato presso la nostra sede con gli altri Ordini professionali in collegamento diretto con l’auditorium romano dove erano convenuti i Consigli nazionali. A tal proposito comunico che è stata programmata la costituzione del C.U.P. provinciale.
La presidenza dell’Unione Regionale degli Ordini Forensi Pugliesi ha dato prestigio al nostro Ordine, anche perché è diventato un organo operativo, che interviene su tutte le questioni dell’avvocatura e sempre con unità di intenti, e che acquisirà maggiore rilevanza in quanto le Unioni regionali hanno trovato un riconoscimento legale nel nuovo ordinamento forense. Intensa è stata l’attività nell’ambito del coordinamento nazionale delle Unioni regionali e degli Ordini distrettuali.
Attiva è stata la rappresentanza del Consiglio negli organismi e negli eventi, nazionali ed internazionali, ai fini del perseguimento dei progetti ai quali esso ha partecipato.
Il C.O.A. ha assicurato direttamente o tramite la Fondazione forense, diverse centinaia di ore di formazione professionale, intaccando soltanto per poche centinaia di euro il relativo capitolo di spesa appostato nel bilancio preventivo.
Procede positivamente il percorso verso l’autofinanziamento della Fondazione, grazie al fitto programma seminariale ed all’utilizzo della sale da parte delle associazioni per i seminari formativi.
A Carmela, Giovanna, Rosa, Porzia e Rosalba rivolgo il ringraziamento per il lavoro svolto con spirito di sacrificio e senso di responsabilità nella consapevolezza dei gravosi nuovi impegni che dovranno assolvere a seguito della entrata in vigore del nuovo ordinamento forense.
Ringrazio i Consulenti per l’impegno profuso nell’adempimento delle consulenze loro affidate, e porgo un ringraziamento particolare al dr. Michele Lotito ed ai suoi Collaboratori perché offrono la loro consulenza sempre con entusiasmo e con spirito di attaccamento al nostro Ordine.
Formulo a tutti gli Iscritti gli auguri di un anno 2013 migliore e caratterizzato dalla ripresa economica del Paese.
Trani, 19 marzo 2013


Il Presidente
Avv. Francesco Logrieco


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Nota:
[1] Iscritto al n. 181 del Registro ministeriale dal 24/3/2011